
Non dimenticare i sogni
Un vecchio uomo seduto
Al tavolino di un vasto giardino
Si affatica a stare in piedi
Il collo oscilla subito
Si piega in avanti si accascia è stanco
Pensa ai suoi impraticabili orgasmi
Dal passato e gli impensabili sforzi
Pitagorici e di conciliazioni
Gli opposti non si attraggono
Se non c’è il numero a sostenerli
E non si può sapere quello definitivo
Intero e conclamato finchè non si è crollati
Dai piedi in su dalla testa in giù
In due tre cinque pezzi
Ma tutti insieme legati
Gli occhi si chiudono riposa
fra un attimo
Riprenderà a camminare tra la gente
Il ragno lo insegue un eterno movimento
Che contiene tutto nella vita
Si ferma e si fa più chiaro e distinto
Una luce rosa ed enorme appare
prima lo dilania e poi lo divora
il passaggio nero dal corpo
che entra in un altro corpo
con la testa nel foro
con il busto che segue
solo i piedi si agitano ancora
si trascinano su questa terra
stanchi pure loro
in cerca di quel pertugio
felice e vischioso
quell’entrata villosa
le mille bocche del ragno velenoso
lui ricorda che nel sogno
“se volevo una puttana
me ne sarei comprata
una magari per natale”
sembra impossible eppure è successo
così gli dice la sua mente
l’eros del caprone che invecchiando
perde i sensi ma non il limite
fedele d’amore
il timone lo atterra
la morte lo attende
immobile e silenziosa
quelle parole dio mio
madre mia non servono a nulla
qualcosina di più forte
dai su alziamoci in piedi
la canzoncina ricordi?
Illimitata e periodica
Prepariamola con un fil di voce
Sto per chiudere il teatro