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lunedì 21 gennaio 2008

TREDICESIMA LUNA


Migliaia di anni fa gli Astrologi Babilonesi osservavano, trascrivendone l’eterno mutare, sempre uguale, delle fasi lunari,

falce/
luce/
falce inversa (
oscurità,
falce/
luce/
falce inversa )
oscurità
La parentesi chiusa è luna crescente ) , quella aperta è luna calante, gobba a levante, le fasi venivano incise con un punteruolo con un ideogramma su tavolette di argilla con questa nota:
“La donna è fertile in armonia con le fasi lunari”.

In tempi moderni, negli anni cinquanta, Il Dott. Jonas. armato di computer ed effemeridi riprende questo concetto e crea un metodo predittivo per il concepimento, basato sulla lunazione del concepimento. Ma sono i Babilonesi, poi i Caldei, ad averne la paternità, sia prima come lunazione, poi come mese, e quindi come calendario.
Si creavano così per astrazione il concetto di “mens”, mensile, le mestruazioni, il lunarismo femminile, e numericamente la fase tetramorfa lunare del quattro, 4x7=28 (2)
Noi tutti in occidente deriviamo la nostra mentalità, i nostri simbolismi, da simbolismi Accadici, Egiziani, Persiani, Assiro Babilonesi, Greci, Romani, dalla numerologia pitagorica e dai misteri orfici, in una lunga catena tramandataci dalla tradizione perenne, che persiste da 35,000 anni.
Tale data hanno alcuni reperti trovati in Accadia, l’attuale Armenia, considerata la culla della civilizzazione dove vengono elencati Sole e Luna, quadrati, croci, spirali, etc…. simboli astronomici, esoterici, religiosi, legati alla creazione da parte di dio unico e monoteista, di tutti simboli della creazione e della ricorrente tradizione esoterica. Ashur, il «Re degli dei», chiamato anche la «Grande montagna», prima di essere identificato alla città di cui portava il nome e ancor prima di incarnare gli istinti guerrieri del suo popolo, fu un Dio della natura. Nella teologia più antica è sposo della dea Sherua, poi sostituita da Mullissu. Il nome Ashur può significare buono, benefico o benigno. Il Dio era chiamato anche Ashar ed il suo nome era scritto con i cunei An (il Dio) e Shar (l’infinito). Asshar, il Signore dell’infinito era, soprattutto, il re guerriero, Dio del Cielo, della Terra, degli Inferi e degli umani. Era raffigurato come un uomo barbuto, intento a tirare l’arco. L’immagine di Ashur posta sopra un carro, seguiva gli eserciti combattenti. Il Dio lottava al fianco dei soldati, li aiutava a centrare il bersaglio nel tiro all’arco e li motivava alla vittoria, favorendoli in tutti i modi. In caso di conquista, nella città vinta si provvedeva subito a edificare un suo altare. Il nemico che non riconosceva la sovranità del Dio, era completamente annientato. Al momento dell’incoronazione, ogni sovrano assiro era considerato vicario del Dio, riceveva l’ordine divino di estendere i confini del paese, prometteva di far riconoscere la gloria del Dio e aggiungeva il prefisso Ashur al suo nome. La festa nazionale in onore della Divinità era celebrata all’inizio del nuovo anno e permetteva di stabilire le regole sociali e nazionali più importanti. I sacerdoti-astronomi babilonesi identificarono Marte in Nergal, il signore della «terra di non-ritorno», della guerra e della pestilenza. Sua consorte era Ereshkigal, sorella d’Ishtar. A volte, la sua figura si confonde con Namtar, oppure con Ninurta, dio della guerra nei miti arcaici. In epoca assira, era noto come Erragal, da cui derivò Erra, dio della guerra. Si suppone che il nome greco Herakles derivi da Erragal. Erede di Nergal nell’alta Siria fu Reshef, dio dell’oltretomba, della guerra, della peste e della morte. Vengono già alla luce, elencati con ordone, anche le astrazioni ed i concetti, sole-vita, buio come morte, resurrezione, salvazione, peccato, punizione, ricompensa, amore divino, bontà, che sono poi alla base di qualunque dogma religioso..
La bibbia come “il” libro sacro viene invece formulata molto dopo, dagli egiziani. Sacro specialmente all’inizio era tutto ciò che era buono e che veniva della natura, compreso, oserei dire al primo posto, il sesso sacro. Così per i Babilonesi come in Oriente, così come al Nord, al sud.. Popoli di ogni tipo o regione a suo tempo assurti alla gloria, certamente esistiti per lunghissimi periodi, in qualche modo, in sintonia con bisogni spirituali caratterizzati una fase ancora più lunga, ma sempre di tipo lunare, di inizio, luna piena, luna calante, luna nuova, ora non esistono più, ma le loro stesse idee resistono, le loro idee sono l’asse portante della Storia, le idee sono perenni. La loro popolarità di questa o di quella idea ora riempie solo i libri di storia. L’idea del Cristianesimo ad esempio l’esaltazione dell’amore come sofferenza, la”Passione”. Con la luna nuova, nel cosmico orologio dove un giorno è uguale a 72.000 anni, si sono destati i nuovi popoli, si sono mosse le rivoluzioni, e nuove idee, perché i vecchi ormai non c’erano più, né posto per le loro idee. Perenne significa qualcosa che non perisce mai. E ciò che non perisce mai è il cambio , il lunarismo, la fase, il periodo, la “mens”. Nel mondo delle forme materiali che noi vediamo e tocchiamo ma anche nel mondo più sottile delle energie e delle forze che muovono la materia non vi è, nulla di stabile, di perenne, di eternamente duraturo , che noi, con i notri limitati mezzi, occhi, orecchie, pensieri umani, possiamo cogliere. Possiamo solo cogliere la parte esterna della buccia, la polpa non ci appartiene. Non ancora.
Fase, segno , numero, codice, era, anno, mese, sono la buccia, la scorza, il rivestimento della realtà, perenne. Il simbolo, il numero non è la realtà, come la mappa non è il territorio. Per tutti i popoli la matematica è esattamente uguale, salvo uno. La Matematica Maya , derivata dal loro calendario (3), è infinitamente più lunga e complessa della nostra, quindi ha una diversa interpretazione del costante mutare, fluttuare degli eventi:
“Le fasi lunari sono regolate da frazioni. Dobbiamo ingabbiare tutte queste orribili orbite e stridenti frazioni in un formalismo di proporzioni fra cicli di differente durata: la nostra Aritmetica Sacra infatti non conosce l’uso della divisione. Solo la somma, moltiplicazione e sottrazione.”
Ed ecco il loro ciclo kin (giorno); uinal, una speciale testa di divinità che rappresenta ogni numero dall’1 al 13, cervo, coniglio, serpente, giaguaro, e così via…(1); : 1 uinal = 20 kin = 20 giorni; tun: 1 tun = 18 uinal = 360 giorni; katun: 1 katun = 20 tun = 7200 giorni; baktun: 1 baktun = 20 katun ... Tun, baktun, katun, uinal 7x9x14x18x19 . il conteggio lo sentivano nel corpo. C’erano giorni destnati all’azione, giorni destinati al nascondersi, giorni detinati a nascere e giorni destinati a morire. Il Il calendario Maya, costruito in cicli sempre più grandi, è una Grande Opera simile alla ricerca del minimo comune multiplo nella nostra aritmetica covenzionale di base. Esistono infatti delle iscrizioni Maya rinvenute su alcuni monumenti che fanno riferimento a date lontanissime nel tempo. Due date secondarie di due monumenti di Quiriguà e Copan in Guatemala, ad esempio, una, è collegata e sembra precedere di circa 90 milioni di anni la data corrispondente al nostro 761 d.C, l’altra, data di serie secondaria in un altro monumento, risulta antecedente di oltre 400 milioni di anni alla data di computo lungo su di essa riportata. “ I calcoli del computo sacro servivano al Sacerdote Maya, che all’alba del giorno dell’eclissi Venere-Quetzalcoatl, si apprestava a celebrare un rituale, impressionanate. Venerare il Dio Itzilopochtli (colibri di sinistra, ossia colibrì del sud, dato che il sud si trova a sinistra del sole, quando sorge) dio del Sole quindi a cui chiedeva la protezione per il suo popolo e offriva un fiume di sangue, quello dei nemici del popolo.
Il cerimoniale sacrificale azteco avveniva in questo modo: il prescelto, il nemico, la vittima scacrificale, dopo aver passato la notte prededente gozzovigliando, accudito e vezzeggiato, forse ubriacato da liquore di catus, veniva condotto dopo una sorta di lotta simbolica contro alcuni avversari, ormai esausto e senza speranze, ma magnificamente vestito in un turbine di colori e di piume, giallo rosso verde e blu, in cima alla piramide. Lì veniva immolato su un tavolo di pietra. Il sacerdote incaricato del sacrificio, assistito da altri sacerdoti minori che lo immobilizzavano squarciava delicatamente il petto della vittima sacrificale con un sottilissimo pugnale giallo e verde di pietra ossidiana e gli strappava con violenza il cuore, lo sollevava nel pugno per mostrarlo al sole che spunta dai vulcani azzurri. Doveva essere un’offerta ancora pulsante agli dei. Il corpo della vittima veniva generalmente eliminato, ma a volte poteva essere anche macellato e mangiato in salsa piccante, oppure la pelle indossata come maschera. Il rosso del sangue scorreva a rivoli brillanti lungo la scalinata.
Solo così gli Dei erano placati. In un solo giorno potevanno avvenire centinaia di questi gesti rituali, e duravano a volte settimane intere. Un bagno di sangue. Fino alla prossima eclissi di Sole-Quetzalcoatl. Per il loro modo di pensare, questi esseri umani volontari o meno per il sacrificio si erano guadagnati la morte gloriosa. Questo pensiero può far inorridire, ma anche le religioni ebraiche, dei sumeri, dei babilonesi, dalle credenze dei quali derivano le bibbie dei popoli più antichi del bacino mediterraneo, fondano la loro ideologia sui sacrifici umani. Il significato della parola acrificio era però diverso in passato. Uccidere come atto sacrificale non aveva nulla a chevedere come il termine sacrificio (annientamento e soppressione) è oggi inteso., Per questi popoli primitivi “religere”diventa “domianare” l’importante è l’atto di costringere le persone all’accettazione dei sacrifici umani. I sacrifici umani diventano una pratica rituale nei popoli circostanti e solo il dio degli ebrei, parecchio più avanti ne ha mitigato questo aspetto cruento e crudele. Le “coincidenze”, scoperte fra i miti della religione Sumera e Babilonese e la bibbia, ad esempio, non sono dovute ad un comune substrato culturale, ma sono dovute a copiature e deformazioni e forzature fatte dagli ebrei nel scrivere la loro bibbia e finalizzate a garantirsi dominio ed il possesso delle persone.
Il Dio Padrone impone quindi i riti anche in questa zona. A Nord come a Sud, ad oriente come in Occcidente. Abramo ed Isacco? Prima delirio di Lunarismo nella Storia; Abramo ed Isacco. L’uomo che diventa dio inventandosi una prova che dio chiede all’uomo. Per delirante, s’intende: colui che ha paura. Un dialogo tra sordi. Eppure è solo l’inizio. Qui si narra:
“Dopo questi fatti, iddio volle mettere alla prova Abramo e lo chiamò: “Abramo!”. Egli gli rispose: “Eccomi!”. E dio gli disse: “Orsù, prendi tuo figlio, l’unico che hai e che tanto ami, Isacco, e va nel territorio di Moria, e lì offrilo in olocausto sopra un monte che io ti mostrerò”. Si alzò Abramo di buon mattino, mise il basto al suo asino, prese con sé due servi e Isacco, suo figlio, spezzò la legna per l’olocausto e partì verso il luogo che dio gli aveva detto. Il terzo giorno, Abramo alzò gli occhi, vide da lontano quel monte, e disse ai suoi servi: “Rimanete qui con l’asino; io e il fanciullo andremo fin lassù; adoreremo e poi ritorneremo da voi”. Abramo quindi prese la legna dell’olocausto e la caricò sulle spalle di Isacco, suo figlio; prese poi in mano il fuoco e il coltello e s’incamminarono tutte e due insieme. Allora Isacco si rivolse a suo padre Abramo e disse: “Padre mio!”. Egli rispose: “Eccomi, figlio mio”. “Ecco il fuoco e la legna; soggiunse Isacco, ma l’agnello per l’olocausto dov’è?” Abramo rispose: “Iddio si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio”. E continuarono assieme il viaggio. Giunti sul luogo che dio gli aveva indicato, Abramo vi costruì un altare e accomodò la legna; legò poi Isacco, suo figlio, e lo mise sull’altare sopra la legna. Stese quindi la mano e prese il coltello per scannare suo figlio”. Ma l’angelo del signore gli gridò dal cielo: “Abramo! Abramo!” Egli rispose: “Eccomi!”. Allora l’angelo gli disse: “Non mettere le mani addosso al fanciullo e non gli fare alcun male: ora conosco che tu temi iddio, perché non mi hai negato il tuo figlio, il tuo unigenito”. Abramo alzati gli occhi, vide poco lontano un montone che era rimasto con le corna intricate in un cespuglio: andò a prenderlo e lo offrì in olocausto in luogo del figlio. Abramo chiamò quel luogo col nome: “Il signore provvede”, e perciò anche oggi si dice: “Sul monte, il signore provvederà”.” Genesi 22, 1-14. Per dirla alla Soreen Kirkergard è l’atteggiamento fideistico del cristiano che trasforma in eroico l’atto che la società definisce abietto, la psichiatria malsano, l’uomo umile, un atto di superbia. La superbia di Annliese la santa-schizofrenica è stata questa: “Dio, devo continuamente parlottare con me stessa “Signore del cielo, Iddio del cielo, Cristo, è meglio che tutti mi vedano e mi credano un mostro piuttosto che perda la fede in te”.” La perde però all’ultimo respiro come anche il centauro Nesso colpito a morte,, quando prima di lasciare questa valle di lacrime nell’ultimo respiro affannoso mormora:”Mamma, ho paura”. I gochini sono finiti, ora si fa sul serio. Questa frase spiega una breve vita fatta di tormenti, se non accettiamo di aver paura o cerchiamo consolazioni esterne alla terribile verità, siamo tutti destinati a morire, non usciremo mai vivi da qui. In questo senso se Annliese fosse nata in un ambiente buddista le cose sarebbero andate molto diversamente, perché il buddismo è una filosofia che permette il divenire, senza restare ancorati alla materia di cui è fatta la proria misera umanità, e senza perdere la dignità. Non una religione dogmatica che sfrutta, da Adam Kadmon, in poi, i materialissimi sensi di colpa di quei pochi che hanni insanguinato la terra, ingiustamente, e perversamente, per dimostrare le loro deliranti farneticazioni, che andrebbero raccolte solo nel Libero delle Favole.. Dio ha detto questo, Dio mi ha chiesto di fare quello. Tu sei colpevole!. Pentiti! Sei condannata! Delirio collettivo. La strada maestra della follia, nel caso di Annliese. Follia oppure santità? Me lo chiederà Daria, ma me lo chiedo anch’io. Dobbiamo sentirci tutti in colpa e sfoderare compassione oppure dire basta a queste fregnacce? Lasciare a Cesare quel che è di Cesare, e alla psichiaatria ciò che riguarda i malati di mente? La scienza divide le malattie in curabili, ed incurabili, come ad esempio il cancro. Il paraadigma della Scienza Umana è: “Nunca nada por definitivo”. Ciò che è vero oggi potrebbe non esserlo domani e viceversa. Madame Curie e la pennicilina, prima e dopo. Prima si moriva di polmonite, oggi, molto meno. L’esoterismo è accettare che tuto è definitivo, accettare la propria morte. Solo le religioni non accettano la morte, creando l’aspettativa, la fede, la speranza, di un dopo la morte. Così è impossibile capire che dietro la tende nulla è celato, e che il Tao Cosmico è indicibile. Il Tao cosmico è invisibile, impercettibile, innominabile, indiscutibile, inesprimibile; Il "Tao" esiste prima del cielo e della terra essendo la loro ragione e la loro sostanza, è l’unità di tutte le cose del movimento gnostico. Il Tao è invisibile e non udibile ma in esso esiste la forma ...è indivisibile, e non gli si po’ aggiungere nulla, tanto meno nomi, Il Tao che si può nominare Non è il Tao eterno.
Le manifestazioni patologiche inspiegabili di una giovane cattolica sono terreno fertile per il proselitismo malefico che si protrae ormai da troppo tempo da chi si fa troppo furbo. Amore è una parola abusata. In una vita segnata da molte malattie e sofferenze sopportate eroicamente, ma imposte dall’ambiente, trova posto anche un referto di "epilessia isterica" da parte di un valente psichiatra. La storia di questa donna, che fu anche anoressica, è la prova che la follia non può essere arricchita da una dimensione soprannaturale a beneficio della Chiesa. Aldilà dei singoli fenomeni, cioè, esiste qualcosa di più, ma non è la santità appunto. E’ la dimensione velenosa del credo religioso qualunque esso sia, che impedisce di vivere per permettere ad altri di controllare la nostra vita. Nella vita di questa donna bavarese c’è solo sofferenza, e nessun riscatto anche dopo morta. La morte è stata l’unica estasi che ha provato mentre era in vita, ma Dio od Il Diavolo non c’entrano per nulla. C’entrano gli uomini, gli errori umani, l’ottusità spaventosa della dottrina, ed il falso smercio di amore, un tentativo fallito di sublimazione e di idealizzazione dell’amore. Una malata, candidata all’uso del Litio, curata con preghiere che muore, ignorata dalla Chiesa Romana e dall’opinione pubblica, grida ancora vendetta.